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Dinamiche e comportamenti del "branco

Nelle ultime settimane, sulle testate giornalistiche e attraverso i media, si è sentito spesso parlare del Branco, come se fosse un'entità a se stante, un "essere" capace di crudeltà ed efferatezze inconcepibili ed inattuabili dal singolo. E in un certo senso è davvero così: molto probabilmente nessuno degli appartenenti ad un "branco" riuscirebbe a compiere atti così violenti o illeciti, se dovesse attuarli da solo. La psicologia sociale riconduce questa dinamica all'effetto della "deindividualizzazione". In altre parole, quando gli individui si percepiscono anonimi e confusi all'interno di un gruppo, è probabile che il loro comportamento sia guidato principalmente da regole che nascono e vengono condivise in quel determinato gruppo di persone, piuttosto che dalle proprie credenze e valori personali. Il Branco viene così caratterizzato come un'entità poco razionale, molto volubile e spesso anche molto violenta. A partire dagli anni '60, diversi esperimenti psicosociali hanno dimostrato come la condizione di anonimato dia alle persone la sensazione che i canoni normativi vigenti possano non essere applicati e faccia agire gli individui sulla base di una qualunque identificazione di gruppo, transitoria o permanente, negativa o positiva che sia. Questa dinamica, infatti, promuove anche comportamenti virtuosi, per esempio, quando il senso di appartenenza ad un gruppo viene attivato in situazioni di calamità, stimolando la solidarietà e l'aiuto reciproco.
Oltre all'anonimato, altre condizioni possono favorire la pericolosità del Branco: i sentimenti negativi dei componenti del gruppo, come frustrazione, rabbia, dolore, paura ed irritazione, possono scatenare l'aggressività ed esacerbare i comportamenti devianti; inoltre, in un gruppo la responsabilità è vissuta come condivisa e questo fa diminuire sensibilmente la paura ed il senso di colpa che il singolo potrebbe provare in relazione ad un'azione delittuosa; infine, l'uso di sostanze come alcol e droga facilitano la messa in atto di comportamenti rischiosi. L'alcol infatti indebolisce i meccanismi di controllo che a livello cerebrale bloccano l'impulso aggressivo, riduce la percezione del rischio e determina spesso un'interpretazione errata degli atteggiamenti degli altri portando a reazioni esagerate; anche le droghe stimolanti (come cocaina, anfetamine, ecstasy, allucinogeni ed altre droghe di sintesi) sembrano esercitare un'influenza diretta sull'aggressività slatentizzando le istanze aggressive preesistenti ed inibendo, contemporaneamente, il controllo ed il giudizio critico.
I comportamenti del branco tendono ad essere difficilmente governabili dopo che sono attivati e seguono schemi di movimento a volte imprevedibili. Per prevenire queste dinamiche è importante riuscire a cogliere per tempo il disagio di questi, spesso giovanissimi, ragazzi e aiutarli ad incanalare la loro aggressività in forme socialmente ammesse.

 

Articolo scritto dalla Dottoressa Valeria Adami
per il Progetto "Psicologo e Mass Media"
pubblicato il 30.09.2017

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