"I mille volti del cibo"

"Mangio perché sono nervoso", "quando sono con gli amici non mi accorgo di quanto stia mangiando"...quante volte abbiamo sentito, o esternato, affermazioni simili a queste?
Mangiare potrebbe apparire a prima vista come un'attività piuttosto banale, nulla per cui valga la pena prestare particolare attenzione, eppure tante situazioni quotidiane ci mostrano che non è così. Pensiamo ai periodi di stress: c'è chi tende a mangiare di più, chi al contrario sente lo stomaco "chiuso". Questi frangenti, così come molte altri, ci mostrano che il cibo e l'alimentazione in generale possano rivestire ruoli e significati molto più complessi di quanto siamo abituati a considerare. Ma allora cosa vuol dire mangiare, o al contrario rifiutarsi di farlo?
Alimentarsi è una delle prime azioni che compiamo, all'alba della nostra vita: pensiamo al neonato che viene accostato al seno della madre e da essa trae nutrimento, non solo in termini concreti ma anche emotivi e affettivi. La madre attraverso il latte permette al figlio la sopravvivenza e al tempo stesso gli trasmette il suo affetto, la sua importanza, se ne prende cura. A partire da quel momento e per tutta la vita il cibo continua ad assumere significati e funzioni molto profondi: può rappresentare una forma di consolazione per una giornata difficile oppure per qualcosa che manca ora o è mancato prima, può esprimere la ricerca di affetto o comprensione. Può essere un modo per chiedere aiuto, sia quando viene assunto in eccesso che quando viene rifiutato; può costituire un mezzo per trasmettere messaggi rispetto a come stiamo, a cosa vorremmo e a cosa non va. A volte esso viene utilizzato per soffocare le emozioni, privandoci della possibilità di ascoltarle e ascoltarci, oppure come la risposta ai nostri problemi, finendo per costituire, magari, un problema di per sé.
Per migliorare il nostro benessere e la nostra salute è quindi fondamentale cercare di comprendere quale sia il nostro rapporto col cibo e cosa esso significhi per noi.

 

Articolo scritto dalla Dott.ssa Claudia D'Andrea
per il progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato sul quotidiano Alto Adige il 18.02.2017

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