www.psibz.orgAggiornamentiRassegna Stampa"Uomini che uccidono donne"

Uomini che uccidono donne

Sempre più uomini uccidono le loro (ex) mogli, e (ex)fidanzate, talvolta i loro figli e alla fine se stessi.
In questi ultimi giorni purtroppo le notizie di cronaca non parlano d'altro.
Nella maggior parte dei casi la separazione voluta dalla donna, la decisione di non voler più convivere con il compagno è il fattore principale che provoca il femminicidio. L'uomo in preda al panico, con la consapevolezza di non voler vivere senza la compagna, senza la famiglia, si accorge che la donna era l'unico rifugio per le sue paure, sofferenze, preoccupazioni e insicurezze.
Senza di lei crescono l'isolamento sociale e la solitudine, questa consapevolezza lo invade di terrore. Nasce in lui l'impulso di risolvere la situazione in modo radicale perché non può sopportare la sensazione di andare lentamente alla deriva. Usare la violenza e uccidere sembra più facile che sopportare il dolore di essere lasciati.
Se prestiamo attenzione a queste tristi notizie, notiamo che mai l'uomo è stato colto a sorpresa dalla decisione di separarsi da parte della donna, vicini e familiari raccontano quasi sempre di problemi al interno della coppia. Finchè all'apparenza la vita insieme sembra funzionare l'uomo non tiene in considerazione che la donna stia già maturando la separazione.
Uomini e donne hanno degli stereotipi relazionali diversi, i figli maschi imparano ben poco cosa richiede la vita di coppia, come sviluppare la capacità di relazionarsi. Questa non è un accusa al uomo bensì alla ripartizione e comprensione dei ruoli maschili e femminili nei giorni d'oggi, che vengono trasmessi nelle famiglie, nelle scuole, nell'educazione sessuale, nella politica e infine nei mass media.
Nella relazione tra i due partner le qualità femminili, come empatia e voglia di dialogo, sono per l'uomo qualità di seconda importanza, lui si concentra sulle qualità che la società maschile gli impone, si sente responsabile per la vita materiale e dello status sociale della famiglia dedicandosi quasi esclusivamente alla carriera lavorativa. La donna ha il monopolio sulla vita sentimentale all'interno della famiglia e diventa automaticamente anche la sorgente emozionale del uomo, se questa sorgente si prosciuga nell'uomo possono nascere panico, frustrazione, fallimento e infine rabbia. Se durante la sua evoluzione da giovane ad adulto ha vissuto un incompleto e sofferente distaccamento dalla figura materna, promovendo lo sviluppo di una personalità fragile con bassa autostima, questi uomini non riescono a gestire la frustrazione della separazione e cercano di evitare il dolore uccidendo la donna.

Ci vuole un profondo cambiamento socio culturale dando più importanza all'educazione emotiva e sessuale, al dialogo e al rispetto, nonché incentivazione al coraggio civile di condannare e segnalare la violenza in famiglia e contro le donne.

 

Articolo scritto dalla Dott.ssa Sonja Prinoth
per il progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato sul quotidiano Alto Adige il 01.10.2016