www.psibz.orgAggiornamentiRassegna Stampa"Vogliamo mamme buone il giusto, ma non perfette!"

"Vogliamo mamme buone il giusto, ma non perfette!"

È naturale che chi progetta di avere dei figli parta inizialmente da una forte idealizzazione di questa esperienza e se l'immagini solo nei suoi aspetti gratificanti e felici: un bambino felice con genitori felici.
Il ruolo di genitore è così faticoso che, se non ci fosse l'idealizzazione, nessuno metterebbe al mondo dei figli. (P.C. Racamier, 1997).
Nell'idealizzazione iniziale non ci potrà essere spazio per la stanchezza, la frustrazione e le notti insonni...il bambino nascerà e crescerà senza particolari problemi, sarà bello, sano, buono e tranquillo...
L'idealizzazione non riguarda solo il bambino, ma tanti altri aspetti: se stesse, la coppia, il ritorno al lavoro.
La realtà però è molto diversa e con l'arrivo del bambino niente è più sotto controllo, cambiano drasticamente ritmi, abitudini e priorità della mamma, ma non solo. La coppia attraversa una vera rivoluzione: gli equilibri precedentemente raggiunti saltano perché la situazione è totalmente differente...tutto è da riadattare, ma con che fatica...lo si può fare solo lentamente...nel tempo e per tentativi ed errori.
Forse c'è troppa poesia intorno a quest'esperienza che, oltre alle gioie, porta anche fatica e dolori!
L'idealizzazione iniziale non è solo un prodotto della mente dei neo-genitori, ma anche un modello culturale trasmesso dai mass media: mamme belle, sorridenti, tranquille, curate...
Questi messaggi, oltre a essere modelli irraggiungibili che portano le madri reali a sentirsi sempre in difetto, sono anche patologici.
Il voler essere perfette implica una mancanza di autostima camuffata all'opposto in apparente sicurezza, un funzionamento mentale che semplifica la complessità della vita. Non si potranno riconoscere i limiti e punti deboli sia propri che del bambino.
Per una madre perfetta ci dovrà essere anche un figlio perfetto che verrà caricato di aspettative che, come una zavorra, lo potranno portare con più facilità al fallimento (A. Marcoli, 2011).
Insomma le famiglie irreali da spot pubblicitario sono modelli da dimenticare.

 

Articolo scritto dalla Dott.ssa Giulia Seppi
per il progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato sul quotidiano Alto Adige il 15.04.2017

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