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Quando il mangiare sano ci fa ammalare

Nella vita di tutti i giorni ci vengono proposti attraverso la televisione, giornali ed internet, modelli e stili di vita orientati ad una corretta e sana alimentazione. A volte però può accadere che l'adottare questi comportamenti in maniera ferrea e rigida degeneri in una vera e propria malattia che prende il nome di ortoressia.
Il termine ortoressia deriva infatti dal greco Ortohs (giusto) e Orexis (appetitio) e indica l'ossessione psicologica per il mangiare sano.
Il primo studioso che ha introdotto il termine "ortoressia" fu Steven Bratman nel 1997 (Bartman, S; 2007). Il dietologo aveva infatti osservato una serie di comportamenti tipici del disturbo: spendere più di tre ore al giorno a pensare al cibo, selezionandolo più per i suoi benefici sulla salute che per il gusto, il sentirsi in colpa qualora non si segua la dieta abituale, il sentirsi padroni di se stessi solo se si mangia nel modo corretto.
L'ortoressia si differenzia dagli altri disturbi alimenti come anoressia e bulimia, perché le ossessioni del soggetto ortoressico non riguardano il peso o la forma corporea, ma la purezza e qualità degli alimenti.
Dai recenti dati diffusi dal Ministero della Salute, sarebbero oltre tre milioni gli italiani affetti da disturbi alimentari e di questi circa il 15% soffrirebbe proprio di questo disturbo, con una netta prevalenza tra gli uomini rispetto alle donne.
Come accorgersi quando la nostra alimentazione sana diventa patologica? Esistono alcuni campanelli d'allarme a cui tutti noi dovremmo prestare attenzione; ad esempio quando avvertiamo una forte preoccupazione al pensiero di cosa mangiamo e nel momento in cui questi pensieri diventano ripetitivi e rigidi, quando impieghiamo una grande quantità di tempo nella ricerca e nell'acquisto degli alimenti a scapito di altre attività. Anche nella preparazione del cibo si utilizzano solo ed esclusivamente procedure particolari ritenute esenti da rischi per la salute (ad es. cottura particolare dei cibi o utilizzo di un certo tipo di stoviglie); la persona inoltre prova un forte disagio se non riesce a seguire le regole auto-imposte e può arrivare ad isolarsi dal contesto sociale pur di evitare pranzi o cene.
Se ci riconosciamo in questa descrizione il primo passo da compiere è prendere consapevolezza che si ha una difficoltà e consultare un professionista. Esistono varie tipologie di trattamenti, evidenze scientifiche hanno riscontrato esiti positivi nell'utilizzo di trattamenti combinati come la psicoterapia cognitivo-comportamentale e terapia farmacologica. Per il trattamento dell'ortoressia sarebbe auspicabile un intervento multidisciplinare con la collaborazione di più figure professionali dallo psicoterapeuta ai medici e dietisti.

 

Articolo scritto dallla Dottoressa Laura Turturro
per il Progetto "Psicologi e Mass Media"
pubblicato il 02.09.2017